Storytelling incredibile
Nel senso di non-credibile. Parlo delle storie (di aziende e istituzioni) che ascolti spesso e che la tua mente classifica in automatico – e in una frazione di secondo – come “pubblicità”, oppure come “propaganda”, o semplicemente come “balle”. E, di conseguenza, le esclude dal suo campo percettivo. Dopo aver letto dieci righe o ascoltato venti secondi di un video.
Facci caso… La storia di un’azienda è sempre raccontata in modo totalmente positivo, come un cammino in avanti senza incertezze, come un eroe cha passa da un’impresa all’altra mentre il sole dell’avvenire ne illumina l’inarrestabile ascesa. Questi sono i racconti, queste le interviste ai manager, questi i video promozionali, questi gli spot istituzionali. Questo il cliché dominante.
Perché ci accontentiamo ancora di questo modo di raccontare così artificiale e a una dimensione?
Da un lato può essere pigrizia e povertà d’immaginazione, ma dall’altro c’è spesso paura di “perdere il controllo” grazie a narrazioni più aperte, più autentiche, che odorano più di “verità”. Ma è proprio questa paura che ci tiene lontano dalle storie e dai racconti che potrebbero coinvolgere davvero il nostro pubblico, che aspetta impaziente di ascoltare qualcosa di diverso dalle solite “parole di plastica”.
Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta…
Storie in-credibili
1. Le storie non credibili sono quelle dove ascolti un racconto a senso unico. Dove si parla di “successo” dall’inizio alla fine. Dove il racconto non ha incertezze.
Guarderesti mai un film in cui due s’incontrano, s’innamorano all’istante e poi vivono felici per tutta la vita? La risposta è no, nessuno di noi lo guarderebbe perché è una storia troppo noiosa. Senza sugo perché senza contrasti, senza chiaro scuri. Senza una “lotta” per arrivare alla felicità.
E allora perché dovremmo guardare con interesse spot, leggere cartelle stampa, ascoltare interviste a top manager che raccontano un mondo (il loro) dove tutto va alla grande? Tutto questo è noioso: perché la vita non va così, lo sappiamo.
2. Sono non credibili tutte quelle storie dove si affermano delle verità assolute, delle idee scolpite nel granito della certezza. “Noi siamo così, questo è il nostro credo, cerchiamo gente che voglia unirsi a questa splendida avventura!”
Capisco (cara azienda, caro manager) che ti proponi così per raccogliere consensi. Ma perché nel film che mi racconti hai messo solo le scene belle e tagliato dal montaggio le scene in cui hai avuto dubbi, incertezze, o magari una volta anche paura? Devi sapere che i tuoi fallimenti sono nobili quanto i tuoi successi. Dichiararne qualcuno ti renderebbe molto più umano ai miei occhi. Tacerli tutti ti rende fasullo e mi fa sospettare di te.
3. Le storie in-credibili sono quelle in cui “tutto rimane uguale”. Il protagonista della storia non cambia, non evolve lungo la storia, non impara una lezione (grande o piccola che sia). Non c’è differenza fra prima e dopo, non c’è contrasto fra come eravamo all’inizio e come siamo diventati oggi, grazie alla storia che abbiamo vissuto e che ti sto raccontando.
Guarderesti mail un film in cui il protagonista, cinico e disilluso, attraversa la storia rimanendo cinico e disilluso come all’inizio? Oppure: lui è ingenuo e ottimista, e dopo una serie di peripezie e fregature che riceve dalla vita… rimane ingenuo e credulone come all’inizio? No, non guarderesti un film così. Perché ti lascerebbe insoddisfatto.
E allora perché dovremmo appassionarci a storie di aziende o manager dalle incrollabili certezze, dalla visione del mondo che non cambia, storie in cui non filtra mai l’ombra del dubbio? Queste storie, ormai, hanno un sapore stucchevole…
Storie Credibili
Provo a indicare alcuni elementi che, al contrario, possono aiutare le aziende a rendere le storie che raccontano più interessanti perché più credibili. Questi:
1. Ci deve essere un certo livello di “serietà” del narratore: cioè una coerenza fra il tipo di storie che racconta e come lui si comporta nella vita. Ogni giorno. Affinché quelle storie “suonino” autentiche dette da lui. Cioè acquistino forza grazie al fatto che è proprio lui che le racconta. Poiché sentiamo che lui e le sue storie sono quasi la stessa cosa (ne ho già parlato qui)
2. La storia deve contenere al suo interno un conflitto, una contraddizione, come segno di autenticità. Perché la vita vera è fatta di questo. Una contraddizione magari sanata alla fine della storia. Oppure non ancora… ma “ci stiamo lavorando”, magari con fatica. Queste sono storie che ci piace ascoltare perché, in qualche modo, ci assomigliano.
3. Prosecuzione della precedente: dobbiamo capire che i limiti, le contraddizioni, le fragilità e anche le sconfitte posso essere oggetto di racconto. Un racconto finalmente umano e autentico, fuori dalla retorica scema del “successo” nella versione stereotipata che ci viene cucinata dai mass-media. Perché la “vulnerabilità” crea una connessione a un livello più profondo con le persone. Facci caso, tutte le volte che ti esponi appena un po’ di più.
4. Il narratore deve essere disponibile a un racconto magari anche “eroico” di sé, ma privo di retorica celebrativa. E qui cascano molte aziende. Ancora di più: un racconto privo di finalità faziose o manipolatorie. Perché questo la gente non te lo perdona più. Oggi le persone hanno dentro la pancia un radar molto sensibile per riconoscere la comunicazione fasulla (un mio amico lo chiama il “bullshit radar”).
5. Infine rendiamoci conto che il protagonista delle nostre storie non deve per forza compiere atti e imprese fuori dall’ordinario: anzi la sua vera missione è quasi sempre quella di vivere il proprio quotidiano andando incontro alla sua prevedibilità con entusiasmo ed energia. E qui dentro, se guardi bene, c’è molto materiale per le tue storie: specialmente se sai vedere e valorizzare il lavoro di tutti quelli che ti stanno intorno in azienda che, ogni giorno, ti permettono di “avere successo”.
Bene. Queste sono solo alcune riflessioni, che puoi arricchire e completare con le tue osservazioni ed esperienze.
Puoi tenere in considerazione queste idee quando:
- Scrivi la pagina “Chi siamo” del tuo sito aziendale
- Scrivi una cartella stampa che parla della tua storia
- Commissioni un filmato istituzionale per la tua società
- Fai una speech per raccontare te stesso e la tua azienda
Ricorda: la tua comunicazione può essere giustamente “celebrativa” di te, del tuo lavoro, della tua azienda. Devi solo trovare una voce più autentica per dire quello che hai da dire, lasciando da parte vecchie abitudini e automatismi.
Ti servirà per creare un ponte più credibile, onesto, coinvolgente fra la tua azienda e il tuo pubblico. E per dare nuova energia e forza emotiva alle informazioni che racconti su di te.
Tra l’altro se sviluppi maggiore orecchio, sensibilità, curiosità per una comunicazione più autentica questo ti aiuterà a comunicare meglio non solo con il “mercato”. Ma ti servirà, tutti i giorni, a comunicare meglio anche con la tua segretaria.